Lo “spirito del Natale”
Riflessioni su alcune recenti affermazioni di Papa Benedetto XVI
Poco prima del Natale 2005, Papa Ratzinger ha esternato, durante l’Angelus, la sua disapprovazione per l’«inquinamento commerciale» che rischia di alterare l’«autentico spirito» del Natale a tutto vantaggio di «giganteschi interessi economici»; di qui, l’invito a riscoprire il «vero significato» del Natale.
Ora, che la commercializzazione di questa festività sia a dir poco scandalosa, è fuor di dubbio, e di ciò hanno colpa non solo i grandi e piccoli produttori e commercianti, ma tutti coloro (ossia la stragrande maggioranza delle persone) che – per così dire – “stanno al gioco”, perché alla fin fine è proprio l’aspetto dei doni, delle compere, delle carte da regalo colorate, degli addobbi e dell’emotività edonistica e materialistica ciò che affascina la massa delle persone. Ma se tutto ciò non ha nulla a che vedere con una sana religiosità, dobbiamo davvero domandarci quale sia il significato vero del Natale, festività che – ma questo non molti lo sanno – non fu istituita né da Gesù, né dagli Apostoli, né dai primi Cristiani, bensì da una chiesa oramai ben distante dal modello del Nuovo Testamento, ossia quella del IV secolo d.C., come già i nostri Lettori possono trovare spiegato in questo sito.
Facciamo innanzi tutto attenzione a quello che sarebbe il vero spirito del Natale secondo Ratzinger: egli ha prima di tutto definito «provvidenziale» il fatto che tale festività sia preceduta da quella dell’8 Dicembre (Immacolata concezione di Maria), ossia un’altra invenzione (che possiamo ben definire mariolatrica, ossia idolatrante Maria) della tradizione e del magistero cattolico, una invenzione che nulla ha a che fare col Vangelo; poi, ha parlato del presepe (prima di concludere il suo discorso benedicendo i bambinelli dei presepi), definendolo un modo «semplice ma efficace di presentare la fede per trasmetterla ai propri figli». Benedetto XVI, infatti, ha affermato che il presepe aiuta a «contemplare il mistero dell’amore di Dio che si è rivelato nella povertà e nella semplicità della grotta (?) di Betlemme» e ha ricordato che fu Francesco d’Assisi a volerlo riproporre nel presepe vivente, «divenendo in tal modo iniziatore di una lunga tradizione popolare che ancor oggi conserva il suo valore per l’evangelizzazione». Una tradizione popolare risalente a oltre mille anni dopo Cristo e un dogma sancito da Papa Pio IX nel 1854, dunque, sarebbero parte integrante del vero significato del Natale. Come sempre, la Chiesa romana non si smentisce, obliterando completamente il Nuovo Testamento.
Domandiamoci: come può il Natale essere fonte di evangelizzazione – ossia di diffusione del Vangelo – se si tratta di una ricorrenza sconosciuta al Vangelo? Se Cristo e gli Apostoli avessero voluto dirci la data della nascita del Signore (il 25 Dicembre, come si sa, è pura finzione), e avessero voluto comandare ai Cristiani una festa ad essa relativa, avrebbero avuto tempo e modo di farlo. Ma non l’hanno fatto, in nessuno dei 27 scritti del Nuovo Testamento! Allo stesso modo, l’immacolata concezione (al pari di tutto ciò che riguarda la venerazione cattolica di Maria) e il presepe non trovano alcun riscontro nella Parola di Dio, la quale vieta qualunque forma di culto rivolto a chiunque non sia il Signore, così come vieta l’uso a scopi religiosi di statue, statuette, immagini e simili. Se la venerazione di Maria e il presepe fossero veramente mezzi di diffusione del Vangelo, l‘Italia sì che sarebbe veramente cristiana! Ma la realtà ci dice ben altro. Il nostro (al pari di tanti altri) è un Paese sostanzialmente pagano, che di tanto in tanto si dà una verniciatura con alcune forme pseudocristiane; e Benedetto XVI dimostra di saperlo bene. Presepi se ne vedono a milioni; Maria, per le persone, conta in genere molto più di Gesù Cristo; di conseguenza, il Cristianesimo non esiste quasi più.
L’unico modo per evangelizzare è diffondere, spiegare e praticare la Parola di Dio, quella Parola che, però, se rettamente conosciuta dalle persone, toglierebbe ogni base di sussistenza al cattolicesimo romano (e non solo al cattolicesimo romano). È per questo che la Chiesa di Roma, nei secoli passati, ha da sempre osteggiato e di sovente apertamente condannato e proibito la diffusione della Bibbia, facendo buon viso a cattiva sorte solo nel secondo dopoguerra, quando le trasformazioni storiche, politiche, sociali e culturali l’hanno costretta a consentirne e apparentemente favorirne la lettura, per non rimanere al Medioevo o all’Antico Regime. Ma diciamo apparentemente perché, mentre da un lato si dice di volere diffondere la Parola di Dio, dall’altro si continuano ad enfatizzare sempre più dogmi, forme di culto, dottrine e ordinamenti che non trovano alcuna rispondenza nella Bibbia. Il Natale si è corrotto? Certo, ma esso stesso è stato una subdola contaminazione del culto e dello spirito originario del Cristianesimo, avendo (al pari di altre tradizioni cattoliche) indirizzato la gente verso un approccio alle cose di Dio non più basato sulla parola del Signore ma su paganeggianti tradizioni umane spacciate per Cristianesimo. Certo, esiste un «inquinamento commerciale», come ha detto il Papa; ma esiste anche un inquinamento spirituale, religioso, di cui il cattolicesimo è stato ed è maestro. Si torni concretamente al Vangelo, e si scoprirà che non è coi presepi, con le icone della Madonna, con le festività volute dal popolo e/o comandate da gerarchie religiose che si può contemplare e vivere l’amore di Dio (come il Papa si è augurato che avvenga), ma solo cibandosi della Parola di Dio ogni giorno, perché spiritualmente non si vive di solo pane, né di panettoni, né di statuette, «ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio» (Matteo 4:4).
Il presepe natalizio è un modo «semplice ma efficace di presentare la fede per trasmetterla ai propri figli», come dice il Papa? No, noi Cristiani preferiamo fidarci di quanto troviamo scritto nella Bibbia: «Questi comandamenti che oggi ti do ti staranno nel cuore; li inculcherai ai tuoi figlioli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai…» (Deuteronomio 6:6-7). Per i veri credenti è Natale ogni giorno, perché ogni giorno essi coltivano un vero e diretto rapporto col Signore, fondato sulla sua Parola. E se pratichiamo e insegniamo questo ai nostri figli, sarà festa in casa nostra ogni giorno. Una festa veramente, autenticamente cristiana.